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Tragedia Rebellin, Trentin: «si parta dalle scuole guida»

Dopo Michele Scarponi, Davide Rebellin. Nel mezzo, molti altri: cicloamatori, giovani sognatori, appassionati delle due ruote, la cui vita vale quanto quella di un campione affermato, come lo erano i due sopraccitati.
L’ennesima tragedia sulle strade ha scatenato la rabbia di tanti, che merita di essere ascoltata ben più di quella di chi, senza il minimo rispetto per la passione altrui, a volte finisce per calpestarne anche la vita.
Il rispetto deve essere reciproco, ma quel rispetto va regolamentato. Da anni si parla di una legge in tal senso (l’ormai celebre metro e mezzo di distanza), già applicata in mezza Europa. Non in Italia, dove si continuano a contare i morti.
In tema di sicurezza, Matteo Trentin è sempre stato particolarmente sensibile, vuoi perché il ciclismo è il suo lavoro, vuoi perché ogni giorno, quando esce di casa per allenarsi, mette la sua vita in sella. Proprio pochi giorni fa, all’evento BeckingMonaco, Matteo aveva celebrato assieme a tanti big delle due ruote l’addio all’agonismo di Rebellin.

Matteo Trentin pochi giorni fa assieme a Davide Rebellin
Matteo Trentin pochi giorni fa assieme a Davide Rebellin

«Non si può pensare di azzerare totalmente il numero degli incidenti – commenta l’affermato campione di Borgo Valsugana -, ma da qualche parte bisogna iniziare, sempre che si voglia risolvere il problema. Sembra che i morti in strada in bicicletta non interessino ai nostri politici. In Italia c’è un odio perpetrato nei confronti dei ciclisti: se vogliamo cambiare questa cultura, dobbiamo partire dalla base».
Educando... «Penso alle scuole guida, dove il tema del rispetto per il ciclista sulla strada non viene praticamente contemplato – aggiunge Trentin -. Basterebbe questo per spiegare come siamo messi. Sono stufo di leggere queste notizie. Certo, ci vuole tempo per cambiare la mentalità della gente, ma si faccia qualcosa, una volta per tutte».
Matteo prova rabbia, ma non si dice sorpreso. «Sono arrabbiato, ma ahimè non sono sorpreso di quanto accaduto – precisa -. Quando si esce in bici, si sa andare di entrare in un campo minato. E in un campo minato ci sono le mine: prima o poi, una è facile che la si pesti».
Oltre alla vita dei ciclisti, c’è in ballo anche quella delle loro mogli e famiglie. A tal proposito, non manca di dire la sua Claudia Morandini, la compagna di vita di Trentin.
«Non si parla solo di rispetto del ciclista, ma di qualcosa di più grande, del rispetto della vita altrui – commenta Claudia -. Bisogna partire dai bambini, da noi genitori, che dobbiamo insegnare, alimentare questa cultura del rispetto. Faremo sentire la nostra voce finché ne avremo».

Autore
Luca Franchini
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