Trentin: «sfruttiamo la crisi per cambiare»
Ogni crisi porta con sé un momento difficile, ma anche un’occasione di cambiamento. Matteo Trentin ne sta vivendo le conseguenze, visti i tagli degli stipendi annunciati dalla sua squadra: in attesa di capire quali saranno gli scenari futuri, il corridore di Borgo Valsugana guarda al post “emergenza Covid-19” come a una grande opportunità per operare un cambio di marcia, per dare un tocco di nuovo al mondo del ciclismo.
Il vice campione del mondo è approdato quest’anno al Team CCC, la formazione polacca sponsorizzata da una nota azienda produttrice di scarpe (la CCC appunto). La chiusura forzata dei punti vendita di quest’ultima ha creato delle pesanti ripercussioni, con i vertici della squadra che si sono visti costretti a sospendere gran parte dei membri dello staff e a imporre un taglio netto allo stipendio dei propri atleti.
«Abbiamo parlato con la squadra tramite una videochiamata di gruppo – spiega Trentin dal Principato di Monaco, dove sta trascorrendo il periodo di quarantena rigorosamente a casa, assieme alla compagna Claudia e ai due figli Giovanni e Jacopo - Non abbiamo ricevuto proposte scritte, non c’è nulla di concreto. Quel che so è che fino ad ora ho percepito regolarmente lo stipendio. Ci è stata descritta la situazione e chiaramente non è rosea».
La speranza è quella di tornare a correre il prima possibile per alleviare le conseguenze della crisi, più gravi per una squadra sponsorizzata da un’azienda produttrice di scarpe piuttosto che per altre che hanno come partner brand che fanno riferimento ad ambiti meno colpiti (vedi la Movistar per la telefonia e la Jumbo per il comparto alimentare).
«Credo che per noi molto dipenderà dalla durata della chiusura dell’attività – argomenta Trentin - La CCC ha oltre 1200 negozi che vendono al dettaglio e al momento sono chiusi. L’azienda ha anche uno store online, ma dubito che in questi giorni ci siano molte persone che, da casa, si mettano ad acquistare scarpe».
La crisi si farà sentire per tutti e anche lo sport è destinato a pagare dazio. Il ciclismo è già stato colpito.
«Questa crisi, che è iniziata da poco più di un mese, ha già messo in risalto la fragilità del “sistema ciclismo”, che ha bisogno di essere rivisto e rinnovato, a meno che non si voglia spingere alcune squadre a dover chiudere – aggiunge ancora il borghigiano – Non basta continuare a dire che c’è la necessità di un cambiamento: ora bisogna cambiare e bisogna farlo assieme, coinvolgendo tutte le parti interessate».
Quali potrebbero essere le misure da prendere?
«Le squadre si sostengono praticamente con i soli sponsor – replica Matteo – Non può funzionare. Devono poter contare su altri introiti, ad esempio quelli provenienti dai diritti tv, alla stregua del calcio. Bisogna cercare di sfruttare anche le potenzialità offerte dall’era della digitalizzazione, operare meglio nel settore del merchandising, dare più professionalità al sistema marketing».
Sfruttare, di fatto, delle potenzialità al momento rimaste inespresse.
«Il ciclismo può contare su un grande numero di appassionati, su un grande pubblico, è lo sport popolare per eccellenza – spiega ancora Trentin - Se un canale privato come Eurosport ha deciso di potenziare il reparto ciclismo, significa che gli ascolti sono buoni. Le potenzialità certo non mancano».
Lo sport delle due ruote, a differenza di altre discipline, non è forse riuscito a rimanere al passo con i tempi.
«Pur avendo un potenziale maggiore rispetto ad altre discipline. A livello di esposizione mediatica offre grandi opportunità agli sponsor, con un rapporto “spesa di sponsorizzazione-ritorno mediatico” che definirei di 1/100. Lo sponsor dà il nome alla squadra e pensate alle ore di visibilità di cui può godere in una sola corsa a tappe. Anche nel calcio, Formula 1 e Moto Gp devono fare i conti con la crisi. Gli stipendi, in questi sport, sono stati di fatto posticipati, non ridotti, in attesa che i campionati riprendano e si possa tornare a fare cassa con i diritti tv. Noi purtroppo siamo esclusi da questo tipo di sistema».
Tornando alla bici, com’è la situazione nella “sua” Montecarlo?
«Io sono a casa, come tutti. So che ci sono alcuni corridori che girano in bicicletta nel Principato, ma non credo serva a molto. Forse sotto l’aspetto mentale, per sentirsi a posto con il senso del dovere, ma non molto di più. In famiglia stiamo tutti bene ed è quello che in questo momento conta davvero».