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Volata d’argento, emozioni d’oro

Domenica 29 settembre, prime ore del pomeriggio. Siamo in un bar di una cittadina del Belgio, seduti al tavolo con un boccale di birra in mano, aspettando Gilbert, Evenepoel, Van Avermaet. C’è l’imbarazzo della scelta. Che spettacolo.
Nel mentre, a Kapellen, paese natio di Mathieu Van der Poel, si pensa a come festeggiare l’ennesimo trionfo di un campione “totale”, biker, ciclocrossista, stradista. E chi lo batte?
Un po’ più a sud, in Francia, i frigo sono carichi di bottiglie di champagne, pronte a essere stappate in onore del nuovo campione del mondo, monsieur Alaphilippe.

Nello Yorkshire si corre il Mondiale, la corsa che vale una stagione, un’intera carriera.
Alle 15 cominciano a rincasare i primi belgi, che lasciano a metà l’ultima birra sul bancone del bar: Gilbert è già ai box, Evenepoel idem, Van Avermaet ha perso il treno buono. Chiuderà ottavo. In molti lo scopriranno solo il giorno dopo.

In Olanda si ammainano le bandiere, si ripongono in cantina striscioni e festoni. Mancano 12 km al termine della corsa iridata, ma è già finita. La festa è rimandata. Van der Poel è una maschera di sofferenza. Fermo, piantato. Umano anche lui.

E in Italia? Sono tutti in punta di divano.
In Trentino gli appassionati si stropicciano gli occhi. Manca poco alla fine della corsa iridata: Trentin è nel gruppetto di testa e c’è pure Gianni Moscon. Pazzesco. Impossibile non crederci in quella maglia iridata.
Due chilometri dall’arrivo: davanti sono in tre, c’è Trentin, il capitano azzurro. Moscon appena dietro, ha dato tutto. Immenso.
“Vist el Gianni?”, quando c’è aria di Mondiale si esalta.

Duecento metri all’arrivo: Trentin lancia la volata.
Va, va, va… tutti in piedi, con le braccia alzate verso la tv.
No…
Mads Pedersen risponde a Matteo, lo passa, lo batte. Sul suo terreno.

Silenzio.

“Peccato”. “Che occasione”. “Quando mai ricapiterà?”.

Silenzio.

“Bravo”. “Se l’è giocata”. “Che corsa, ragazzi”.

Chiedete a belgi, olandesi, francesi e spagnoli cosa ricorderanno di quella domenica 29 settembre 2019.
Chiedetelo agli italiani, ai trentini. Avranno sicuramente qualcosa da raccontarvi. “Che giornata, che corsa, per 50 metri...”.

Matteo Trentin, assieme agli italiani, ha sognato per 260 km e ha “pianto” per 50 metri.
Cinquanta metri d’argento non possono cancellare 260 km d’oro. E sono pur sempre d’argento.
Chiedetelo ancora ai belgi, agli olandesi e ai francesi.

Onore all’iridato Pedersen. Onore al vice campione del mondo Trentin, che quella maglia forse non la indosserà mai, ma…
“Che giornata! Che corsa! Per 50 metri...”.

Che emozioni!
Mentre in Belgio, Olanda, Francia e Spagna si faceva zapping.

Autore
Luca Franchini
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